Riflessioni sull’incontro all’Avana tra Papa Francesco e del Patriarca Kirill, di Mosca e di tutta la Russia
articolo pubblicato nella newsLetter
EcumenismoNews Marzo-Aprile 2016
OFMCap di Lombardia
Un incontro profetico
Profetico, con questo aggettivo definirei l’incontro
avvenuto all’Avana tra papa Francesco e il patriarca Kirill. Si tratta di un
aggettivo sicuramente più antico di
“petaloso” e non privo di ambiguità. Nella Bibbia, infatti, “profetico” può
anche essere sinonimo di “folle”, “invasato” come in 1Sam 10,10. Questo non
perché il profeta sia matto, ma proprio perché a volte la logica di Dio supera
quella umana ed è difficile da comprendere. L’incontro dei due rappresentanti religiosi infatti rappresenta una
svolta improvvisa ma all’interno di un percorso tale[1]
per cui non si può misconoscerne l’origine spirituale, di cui potrebbe essere
una spia, a posteriori, il fatto che l’annuncio ufficiale è stato dato il
giorno in cui le reliquie di san Leopoldo Mandič entravano a San Pietro. Una
coincidenza che apre la porta ad una comprensione profonda dei segni dei tempi.
Questo incontro non ha avuto luogo durante una
conferenza ecumenica o un concilio, ma si è tenuto in uno spazio laico. Ciò probabilmente
richiama maggiormente l’attenzione sulla dimensione politica dell’avvenimento
(e sicuramente, data la natura e l’occasione dell’evento, le implicazioni
politiche non saranno secondarie in ordine alla causa internazionale). Allo
stesso modo il fatto che la Dichiarazione
Congiunta ripeta, a proposito dell’unionismo, le parole dell’accordo di
Balamand, secondo la dichiarazione di Vladimir Bureg[2],
prorettore spirituale dell’accademia di Kiev, e che comunque l’intero testo sia stato frutto di
un lungo lavoro diplomatico, potrebbe
non farci riconoscere in questo incontro un potenziale che va oltre la
sua dimensione immediata. Circa dieci giorni prima dell’incontro lo stesso
Kirill aveva insistito per la canonizzazione dell’arcivescovo Serafim Sovlev,
il quale, a metà del XX secolo aveva assunto toni decisamente polemici nei
confronti dell’ecumenismo. Riconoscere la grandezza e la positività di una
figura e nello stesso tempo avere la libertà di superare alcune sue idee,
legate a circostanze particolari, è segno di maturità spirituale.
Un gesto profetico all’interno di un cammino
istituzionale, quale quello ecumenico, può portare a dei passi significativi, ma rischia anche di
rimanere inascoltato. È il rischio che vive la Parola, seme gettato
generosamente, che cade su un terreno non sempre buono. Non si tratta perciò di
analizzare il testo prodotto dall’incontro alla luce delle sue implicazioni
politiche e sociali, tantomeno di tentarne un’esegesi per vederne il contributo
alla causa ecumenica. Lo abbiamo già detto: il testo non aggiunge niente di
nuovo a quello che già si sapeva.
Possiamo tuttavia vedere il nuovo nel suo spirito,
quello di una Chiesa che si concepisce a partire dal suo modo di testimoniare
Cristo nel confronto con il mondo e con i suoi problemi. Una Chiesa che non si dice
a partire dalle sue definizioni dogmatiche, ma che trova il modo di annunciare
la buona notizia nella forma di un impegno concreto. Si tratta di un inizio, ma
forse non sarà lontano il giorno in cui la Chiesa troverà il coraggio di
ridefinire le proprie strutture non in base ad una tradizione da difendere, ma
ad un annuncio che spinge il missionario a farsi tutto a tutti. A questo punto
vediamo come il criterio di lettura del nostro incontro sia la continuità con
le istanze del Vaticano II, di una Chiesa che abbatte i suoi bastioni per
essere di nuovo la fontana del villaggio. Proprio in questo radicamento
evangelico della sua missione trova spazio la diversità di chiese nell’unità
della testimonianza, la convivenza e la valorizzazione di tradizioni e culture,
tutte originate dall’unico e medesimo incontro con Cristo, come si dice per le
Chiese degli apostoli[3].
“Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma
uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani”
scrivono i due vescovi, di Mosca e di Roma, al punto 12 della Dichiarazione
comune.
Qualcuno potrebbe osservare che sto scrivendo in
maniera difficile. Lo faccio apposta, credetemi, voglio far capire che non sto
trattando di una semplice amicizia con un po’ di buonismo e di irenismo. Si
tratta di percorso che tocca il nostro essere Chiesa e che ci chiama a
conversione. L’ecumenismo infatti, nonché il dialogo interreligioso, non sono
la convinzione di qualche persona originale, ma fanno parte della nostra fede,
proprio perché il Vangelo stesso li pone come esigenze, in maniera più evidente
di altre, oggi fatte passare con più rumore. È Cristo che prega perché i suoi
siano una cosa sola (Gv 17), come è il Risorto a comandare di annunciare il
Vangelo a tutti i popoli (cfr. Mc 16,15).
Credo dunque che la comprensione della portata
spirituale di questo gesto non sia possibile fuori dalla preghiera, per questo
mi permetto un suggerimento insolito, quello di abbinare, nella meditazione, ad
ogni frase del Padre Nostro, alcune espressioni della Dichiarazione Congiunta.
Non voglio dire che un documento firmato all’aeroporto dell’Avana pretenda di
essere l’esegesi delle parole di Gesù piuttosto che il commento di Schnackenburg,
ma che proprio a partire dalla preghiera del Signore possiamo comprendere
adeguatamente il senso di quella Dichiarazione.
1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome
del Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto dello Spirito Santo Consolatore,
noi, Papa Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo
incontrati oggi a L’Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità,
per questo incontro, il primo nella storia.
Sia santificato il tuo nome
4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel
mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del
primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la
Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci
sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e
sono diventati “seme di cristiani”.
Venga il tuo Regno
29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della
Buona Novella salvifica, ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e
Salvatore, che ci fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo
Regno» (Lc 12, 32)!
Sia fatta la tua volontà
6. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo
che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità
voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro
ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato
fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende
da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno
di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!
Come in cielo, così in terra
28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune
destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente
nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la
dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda»
(Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri
spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza
cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra
capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi
difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici
e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia.
Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da
divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e
l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e
Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza
umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo
Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in
te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).
E rimetti a noi i nostri debiti
23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi
discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo affinché coloro che vi
circondano, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre
che è nei cieli(cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli nella fede
cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede
(cfr Mt 13, 46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati.
Ricordate che «siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo
della morte in croce dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla
riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi.
Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di
una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che
permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in
queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere
tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro
fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi
e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di
convivenza reciprocamente accettabili.
E non ci indurre in tentazioni
13. In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è
indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non
devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e
nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la
responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso
delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose.
Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali
con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio,
«perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).
Ma liberaci dal male
Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura
la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere,
attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le
parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece
siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece
avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).
Amen
Fr. Luca Minuto
[1] Per una comprensione storica
dei rapporti tra la chiesa di Roma e quella orientale, e in particolare di
quella Russa, rimando alla lettura del
testo (anche se leggermente datato) di A. Taborra, Chiesa cattolica e
Ortodossia russa. Due secoli di confronto e di dialogo. Dalla Santa Alleanza ai
nostri giorni, (Taborra, 1992) edizioni Paoline, Brescia 1992.
[2] Si veda l’articolo di Sergei Chapnin, Francesco e Kirill, dopo Cuba
occorrono passi concreti, pubblicato il 22 febbraio 2016 sul sito
www.asianews..it
[3] Prendo spunto da un contributo
di G. Cereti, Verso l’unità: acquisizioni, resistenze e prospettive, in B.
Salvarani e M. Ronconi (a cura di), La
fede degli altri. Introduzione a Nostra Aetate e Unitatis redintegratio,
serie Per Leggere il Vaticano II, volume VI, San Paolo, Milano, 2009,
pp. 101-116.
[4] Dal momento che questo
articolo è scritto in primis per cristiani cattolici ho preferito la versione
liturgica della preghiera del Signore.
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